La scorsa settimana ti ho parlato della coerenza (se non hai letto l’articolo, ti consiglio di andarlo a leggere) e ho finito dicendoti: “hai bisogno di avere un altro concetto fondamentale, un’altra verità assoluta, dentro di te. La responsabilità.”
Ed ecco qua!
I
nfatti, un’altra verità assoluta di cui hai bisogno per fare un percorso di consapevolezza, dopo la coerenza, è la responsabilità e oggi ho deciso di parlartene.
Per meglio comprenderci andiamo ad osservare, attraverso il vocabolario etimologico, il suo significato: Responsabile: participio passato di respòndere più terminazione -bilem che accenna a facoltà di operare. Che risponde, che è garante di qualche cosa o per qualche persona. Quindi è responsabile colui che si fa garante di qualcosa o per qualcuno.
In filosofia, la responsabilità, secondo Max Weber, è l’agire tenendo conto di tutte le conseguenze possibili delle proprie azioni, che vanno accuratamente valutate in base al principio dell’«agire razionale rispetto allo scopo». Questo concetto venne esteso da Hans Jonas nel tempo e nello spazio, nel senso che le nostre azioni vanno valutate per le conseguenze non solo nei confronti dei contemporanei ma anche di coloro che «non sono ancora nati» e verso l’intera biosfera che dobbiamo tutelare dalle nostre compromissioni.
Questi due filosofi sono coloro che hanno modificato il vero significato della parola responsabilità, significato che la nostra società oggi utilizza erroneamente, e l’hanno confuso con un altro concetto fondamentale: la consapevolezza. Andiamo a vedere cosa significa. Consapevole: composto dalla particella con e sapévole derivato dal verbo sapere. Che ha piena cognizione della cosa in discorso. Cioè che agisce con piena cognizione. Non è la stesso concetto che esprimevano i due esimi filosofi? Io penso proprio di sì.
Quindi essere responsabile o assumermi la responsabilità della mia vita e della mia Gioia, significa che sto dicendo a me stesso che mi faccio garante della mia vita e della mia Gioia.
Bisogna comprendere che commettere errori è umano. Noi siamo esseri che agiscono e comprendono il loro operato attraverso il contrasto. È praticamente una legge di natura.
Quindi semmai io dovessi fare qualcosa che andasse a ledere qualcuno, e ciò mi venisse fatto notare, io andrò ad assumermi la responsabilità di ciò che ho fatto. Significa che ricevuta una spiegazione, ho compreso ciò che ho fatto e mi faccio garante che opererò in maniera diversa.
Questo è l’agire responsabile.
Qui dobbiamo fare un ulteriore distinguo. È quando si agisce sbagliando, nei confronti di un’altra persona, che spesso viene confuso con un altro concetto: la Colpa! Che cos’è la colpa? È un Atto della volontà, col quale l’uomo offende la morale o le leggi. Nelle leggi però si adopera col senso di cagione, di danno occasionato dall’uomo per difetto di prudenza, vigilanza o diligenza (opposta a Dolo, che designa la deliberata volontà di fare del male). Quindi la colpa è l’offesa della morale o delle leggi, tra l’altro per mancanza di consapevolezza, quindi senza cattiveria.
Secondo te possono essere usati come sinonimi, come si fa normalmente? Ovviamente no! Perché arrivare ad offendere la morale o le leggi, significa che si è commesso davvero un grave errore, qualcosa per cui, come esseri umani non possiamo soprassedere.
Affinché la colpa abbia senso, ci dovrebbe essere stata consapevolezza nell’emanazione delle Leggi, e questo è tutt’altro che scontato. Oppure una moralità consapevole diffusa (la morale è un’altra delle verità assolute di cui ha bisogno chi fa un percorso di consapevolezza e la tratteremo più avanti) e anche questo è tutt’altro che scontato.
Supponendo però che ci siano entrambi come presupposti, offenderli, significa aver fatto qualcosa di molto grave ed è a questo punto che interviene la giustizia, con il giudizio emesso da parte di un giudice, che va a riscontrare una “colpa” che deve essere pagata con una perdita di libertà (leggi di umanità).
Bisogna anche osservare che (dati del ministero della giustizia italiana del 2018) che questo sistema è palesemente fallace, visto che nel 68% dei casi sarà recidivo nel commettere altri reati.
Quindi non sarebbe meglio insegnare davvero il sistema della responsabilità fin da bambini?
Non sarebbe meglio evitare di demonizzare l’errore, dando colpe ed emettendo giudizi (questo avviene in ogni casa, non solo nelle aulee dei tribunali), ma semplicemente fare Hansei e poi Kintsukuroi o Kintsugi?
Che cos’è l’Hansei? È un concetto della cultura giapponese, che è l’arte di imparare dai propri errori, quindi avere un dialogo interiore utile a comprendere i propri punti di forza e di debolezza, per evitare di commettere di nuovo gli stessi.
Cos’è invece il Kintsukuroi o Kinstugi? È l’antica arte giapponese di riparare con oro o argento liquido gli oggetti in ceramica. Letteralmente Kintsukuroi vuol dire, appunto, “riparare con l’oro”.
Quindi una volta compresi i tuoi errori, vai a ripararli con l’oro agendo con responsabilità (e consapevolezza, ma anche di questo parleremo approfonditamente più avanti). Io penso che questo sia il miglior modo di vivere, non trovi anche tu?