Cosa ci insegna Euro 2020

Cosa ci insegna Euro 2020?

Voglio terminare questo mese di europei con un focus: ho parlato un mese fa dei media, voglio finire parlando di noi. Degli esseri umani.

 

Perché in questi europei, che la nostra nazionale ha vinto con merito, ci sono state tante storie, alcune da raccontare. Perché lo sport spesso è un ottimo insegnamento di vita.

 

Preferisco iniziare dai lati ombra, perché ce ne sono alcuni che possono aiutarci ad osservare in che direzione sta andando il mondo.

Il primo episodio è l’ultimo in ordine temporale: i tre giocatori inglesi che hanno sbagliato il rigore, sono stati bersagliati da insulti, minacce di morte e comportamenti razzisti. Quello che è peggio, è che il più bersagliato di tutti sia un ragazzo di 19 anni, Saka.

Tu dirai: “Non ce ne accorgiamo ora, è da tanto che va così”.

È vero. Ma a parte per la Colombia (1994) e per lo Zaire (1974), nelle nazionali non era mai successo nulla di così grave. Generalmente questo trattamento viene riservato ai club.

Perché avviene questo comportamento? È semplicemente frutto delle aspettative.

Io ho una vita che non mi piace, quindi ripongo le mie aspettative di “Gioia” su una cosa a me esterna, della quale non ho minimamente il controllo. Questo significa che, chi io sono e quale sarà il mio umore, verrà definito da qualcun altro. In più, se l’evento sul quale ho riposto le mie aspettative avverrà dopo un po’ di tempo, io genererò attaccamento, quindi diventerà ancora più forte la morbosità nei confronti di questo evento esterno a me.

A maggior ragione è successo in questa partita: gli inglesi erano sicuri (prima della partita) che avrebbero vinto, lo davano per scontato. Quindi la terza aggravante è la presunzione, cioè il presumere che fosse “l’anno buono”.

Come sappiamo tutto questo non è avvenuto.

Da qui la reazione: maggiori sono stati i tre “sentimenti” precedentemente elencati nelle singole persone, maggiormente spropositate saranno state le reazioni.

Il problema è quindi che l’inghilterra abbia perso? No, ovviamente, ma la dilagante inconsapevolezza e mancanza di cultura che c’è in questo periodo che fa tendere sempre di più le persone verso il razzismo, verso la sopraffazione, verso l’estrema destra.

A maggior ragione per gli episodi rivolti sia prima che dopo la partita dagli inglesi nei confronti degli italiani: aggressioni anche quattro contro uno, bandiere italiane bruciate, fischi all’inno nazionale. Anni e anni di manipolazione mediatiche di divisione, di esaltazione, di sovranismo spicciolo hanno come effetti questi comportamenti.

Ma anche parti in causa maggiori hanno fatto il loro.

Il principe William, con la famiglia, se n’è andata via senza salutare il nostro presidente della Repubblica.

I giocatori inglesi si sono tolti le medaglie immediatamente dopo che gli sono state consegnate e si sono ritirati negli spogliatoi senza cedere gli onori ai vincitori.

 

Queste parti ombra rappresentano molto bene come i valori dello sport, della comunanza e della partecipazione siano stati oscurati completamente dalla “sete” di vittoria.

 

Ci sono invece stati tante piccole grandi storie da raccontare che sono una bella manifestazione della Luce.

 

La prima immagine che mi viene in mente è l’abbraccio tra Gianluca Vialli e Roberto Mancini, alla fine della partita. È stato lungo, commosso, decisamente coinvolgente dal punto di vista emotivo.

C’è una storia lunga una vita. L’amicizia tra i due nata da ragazzi, il fatto che Vialli abbia avuto un tumore e l’abbia superato, Mancini che con la Nazionale non ha mai avuto un bel rapporto, men che meno con i giornalisti, la rivincita per la finale di coppa dei campioni persa proprio nello stadio di Webley nel 1992.

I veri artefici di questo trionfo italiano sono loro, i gemelli del goal, accompagnati nello staff tecnico, da altri personaggi importantissimi in quella Sampdoria di fine anni ottanta e inizi novanta, quali Lombardo, Evani, Salzano. Questo fa comprendere come per creare un team di lavoro vincente è necessario che ci siano dei legami forti, saldi, che possano andare oltre il singolo obiettivo.

 

Alla conferenza stampa di presentazione di Mancini, disse: “Io vedo delle qualità in questa Nazionale che ci permetteranno di vincere”.

Quando hai un’idea chiara nella mente e se sai osservare, senza giudicare, tutti gli elementi, niente è impossibile.

Poi bisogna credere e profondere tutte le proprie energie nel portare avanti quell’idea, anche se sei l’unico/a a farlo. Perché non è detto che se la massa dice una cosa sia corretta. Anzi. L’unico che ha sempre ragione è l’istinto/intuito (intendo dire la connessione con l’universo, MAI le reazioni definite istintive, che in realtà sono emotive) e quello è personale. Quante volte sei stato/a l’unico/a a credere in una cosa che poi si è rivelata essere corretta?

Poi da un singolo si passa ad un team di lavoro, poi ad una squadra e infine ad una nazione.

 

Il gruppo. I 26 titolari. Ognuno ha dato il suo contributo. Ognuno ha fatto il tifo per l’altro. Senza egoismi. Con grande amicizia e fratellanza. Per raggiungere davvero un obiettivo “impossibile” è un requisito fondamentale. Loro ci sono riusciti.

 

Un altra immagine che mi viene in mente è l’intervista, concessa alla Rai, alla fine di Italia Spagna, di Luis Enrique: “Sono felice per quello che ho visto, ho potuto godere di una partita di un livello incredibile. Erano due squadre di altissimo livello che hanno cercato di giocare un bel calcio. Credo che è stato uno spettacolo per i tifosi, faccio tanti complimenti all’Italia e spero che in finale possa fare un’altra bella partita per cercare di vincere questo Europeo […] Tiferò Italia in finale, non è molto bello per gli inglesi ma tiferò per gli Azzurri” Un uomo vero e un uomo di sport. Ha subito la perdita della figlia per un osteosarcoma. Un’esperienza del genere può incattivire qualsiasi essere umano, a prescindere dallo sport. Invece per tutti gli europei è stato gentile, divertente, generoso, inclusivo e ha difeso tutti i suoi giocatori (lo stesso Morata ha ricevuto minacce di morte). Questo vuol dire che la sofferenza, se sai come usarla, ti può migliorare come essere umano, a prescindere da quanto possa essere stato forte il dolore. In più il valore dello sport, la signorilità. Chapeau.

 

La Danimarca: ha subito il dramma Eriksen di cui abbiamo già parlato. Da quel momento in poi è cominciata una marcia che, se non fosse stato per un arbitraggio politicamente influenzato, sarebbe potuta terminare in finale contro l’Italia. L’avrebbero meritato.

Da un lato ti fa sentire impotente quando ricevi un torto che senti di non meritare. Dall’altro lato, la cosa più importante, forse, è che puoi guardarti allo specchio sentendoti fiero di ciò che hai fatto. Quindi a prescindere da come va la vita, bisogna sempre dare tutto ciò che si ha, credendo nei propri sogni sempre!

La felicità: Ogni italiano nel mondo ha festeggiato per questa vittoria. Dove sono presenti comunità di Italiani all’estero, ci sono state manifestazioni di felicità. A maggior ragione che un’italiano all’estero sente di più il proprio legame con la nostra nazione.

 

Quante lezioni di vita si possono apprendere anche da una semplice manifestazione sportiva e quanta speranza può infondere, nel credere in se stessi e nel nostro futuro.

Forza Italia!

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