La paura del cambiamento

La paura del cambiamento

La scorsa settimana abbiamo affrontato la prima delle grandi paure che accomuna, più o meno, tutti gli esseri umani. Quella di essere Gioia. Quest’oggi affronteremo la seconda paura, che, in casi estremi, può arrivare a invalidare pesantemente e perfino a distruggere la vita di una persona: la paura del cambiamento. Perché dico che può arrivare, addirittura, a distruggere una vita? Perché quando si arriva ad essere fobici, quello che si ottiene, è la chiusura totale e l’inibizione ad agire, quindi allontandando da se stessi la propria vita. Questo è un caso patologico, ovviamente.

Ma fondamentalmente che cos’è il cambiamento e perché le persone ne hanno paura?

Dobbiamo partire, nell’analisi, da un concetto fondamentale per l’essere umano: l’abitudine. L’abitudine è la “Tendenza a ripetere determinati atti, a rinnovare determinate esperienze (per lo più acquisita con la ripetizione frequente dell’atto o dell’esperienza stessa)” secondo il vocabolario della Treccani. La scienza dice che per radicarsi in noi un qualcosa, si crea dapprima una connessione neurale, dopo di che, ripetendo sempre la stessa cosa, inizia a consolidarsi sempre di più. Tanto maggiore sarà la ripetizione, tanto più forte e stabile sarà questa connessione, fino ad arrivare ad essere praticamente indistruttibile. Quindi più noi creiamo un’abitudine e maggiore sarà la tendenza a volerla ripetere. Ora per la maggior parte delle cose che noi compiamo (ad esempio guidare la macchina) questo meccanismo è utile; ma quando si parla della vita in generale, può diventare deleterio. Il cervello (e particolarmente l’emisfero sinistro, quello della logica) come meccanismo di autodifesa tenderà, in ogni modo, a mantenere le abitudini che ha radicato, perché è la parte che genera l’attaccamento, mentre l’emisfero destro, essendo quello della Gioia, è più portato all’apertura e alla curiosità, al superamento dei limiti. Per questo è fondamentale essere Gioia!

Questa è la spiegazione per cui è difficile effettuare cambiamenti, ma in condizioni normali, comunque, con un po’ di coraggio, si possono effettuare. Quello che, invece, va ad accentuare notevolmente questa difficoltà è la paura. Abbiamo già definito la scorsa settimana cosa sia e come potenzialmente ogni cosa possa essere percepita come “pericolosa” e quindi generare paura.Per la paura del cambiamento dobbiamo seguire due strade parallele per analizzare il perché esista. La prima strada è, parlando in generale, la percezione di paura del cambiamento che viene fornita dalla famiglia. Ormai dovreste sapere quanto la famiglia intervenga su tutto quello che noi siamo. Se noi cresciamo in una famiglia in cui il cambiamento è vissuto come naturale, cioè si conoscono gli strumenti per affrontarlo nella maniera corretta, allora sempre con le dovute difficoltà, ma non ci saranno grandi problemi. Se invece i genitori hanno trasmesso ai figli le proprie paure, le proprie insicurezze oppure non sono stati in grado di generare una giusta dose di autostima, allora è qui che ci saranno problemi.

Ma c’è una seconda strada, che in questo caso può essere altrettanto forte: la percezione degli avvenimenti che sono capitati durante la vita.

Facciamo un esempio. Supponiamo che i miei mi abbiano fornito gli strumenti per sapermi adattare al mondo e quindi, anche se farò, per natura, sempre resistenza al cambiamento, con impegno posso riuscire a superarla. Ma se dovesse avvenire un evento traumatico che cambiasse radicalmente la mia percezione del mondo? Magari subire un lutto, un divorzio, subire violenza, aver a che fare con un narcisista, un borderline, oppure incappare in una qualche malattia.. un’evento di questo tipo potrebbe farti spaventare del mondo e quindi farti chiudere. La diretta conseguenza della chiusura (oltre a tutto ciò che ne comporta) è avere paura del cambiamento, perché lo si è vissuto come un trauma e non come la naturale evoluzione della vita. In questi casi, ci sono due fasi: la prima è la necessità di superare il trauma e quello si può fare, grazie all’aiuto di uno psicoterapeuta o affine.

La seconda, successivamente, una volta ristabilita la propria percezione corretta, potrebbe essere l’utilizzo del Life Helping per riuscire a riallargare il proprio mondo.

Perché è proprio di questo che si tratta: il proprio mondo.

Mi spiego meglio.

Quando nasciamo e per tutta la nostra infanzia, il nostro mondo è sempre in ampliamento e fondamentalmente illimitato, spinti dalla curiosità e dal conoscere. Poi iniziamo a ricevere regole, restrizioni, punizioni, frustrazioni, le prime delusioni, le paure..insomma la crescita (per questo ho tenuto a specificare che la famiglia è fondamentale). Piano piano, tutto ciò che viviamo, fa sì che il nostro mondo inizi ad essere sempre più limitato, fintantoché non arriva a diventare meno della metà di quello che sarebbe potuto essere.

 
 

Creandosi l’abitudine, quei confini immaginari, diventano sempre più radicati e questo ci impedisce di muoverci. Ed è a questo punto che entra in gioco la paura, come conseguenza dell’abitudine. Ciò che c’è oltre diventa ignoto e se non si ha il coraggio di affrontarlo, diventa un recinto. C’è chi ci costruisce un muro con il fossato intorno a quel recinto.

Ogni cambiamento destabilizza il precario equilibrio interno e quindi si farà di tutto per mantenere lo status quo delle cose, arrivando a non assumersi la responsabilità di osservare la propria vita e tutto ciò che ne concerne.

Quello che va a rafforzare tutta questa situazione è lo scarso accrescimento del proprio essere. Studiare, leggere, viaggiare, fare nuove esperienze, ti permette di vedere cose nuove e, anche nei confronti delle persone più chiuse, ha un certo effetto. Se invece la nostra vita si basa sul lavoro, stress, social network, televisione e poco altro, il mondo si chiude sempre di più.

Quindi l’unica strada per smettere di avere paura del cambiamento, ma, anzi, abbracciarlo, è espandere il proprio Essere, cercando la Gioia all’interno di sè. Questo è uno degli scopi del Life Helping!

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