Dopo aver affrontato la paura della felicità, del cambiamento e della solitudine, quest’oggi voglio parlarti di una paura che spesso non viene percepita come tale, ma in realtà è insita in ognuno di noi: la paura del Giudizio. Innanzitutto, come sempre, per meglio comprenderci, ti scrivo il significato etimologico della parola Giudizio: Dal lat. Judicium, da Judex – giudice; sentenza pronunciata dal giudice; in generale sentenza su qualsiasi cosa. Sentenza su qualsiasi cosa. Pensa che la sentenza, avrebbe anche significato di parere, opinione, ma talvolta succede che le abitudini delle persone, trascendono il significato proprio dei termini. Infatti nella nostra società, esprimere una sentenza è qualcosa di definitivo, non è più una semplice opinione. Osserva queste due forme: “Io penso che hai avuto un comportamento egoistico, in questo caso” “Tu sei egoista”. Quale delle due è una sentenza e quale un’opinione? Penso sia abbastanza semplice, no? Eppure tu senti mai dire la prima frase? La prima è un’opinione, basata sull’osservazione e sull’analisi di fatti. La seconda è una sentenza sulla persona. Cosa stai comunicando? Vuoi comunicare un’accusa, emettendo una sentenza, oppure hai l’intenzione di far comprendere alla persona che hai davanti, qual è il modo in cui vuoi essere trattato/a o come preferisci essere amato? Ti interessa avere ragione o che ci sia un territorio comune da condividere? Dalle risposte che ti fornirai a queste domande, stai scegliendo se fare un percorso di consapevolezza oppure no, se vuoi essere Gioia o avere ragione. Perché la società vuole avere ragione, vuole prevaricare l’altro, vuole assoggettarlo al proprio volere e questo significa rubare energia. Quindi scegli se schierarti dalla parte della massa o dalla parte della consapevolezza. Per aiutarti a compiere questa scelta però, voglio farti osservare, analizzare e comprendere cosa vuol dire vivere in un mondo dove il Giudizio è il re. Negli ultimi anni sono in aumento i suicidi di persone che non hanno sopportato la pubblica gogna, a causa di tutti i giudizi distruttivi. Da video porno che sono stati diffusi online e le protagoniste si sono suicidate, un professore, un vigile urbano, un impiegato. Tante vite spezzate perché hanno subìto il giudizio e nessuno si prende la briga di pensare che dall’altra parte c’è una persona, che subisce quel giudizio. Senza arrivare all’estremo della morte, mi ricordo qualche tempo fa, Vanessa Incontrada che ha denunciato tutte le cattiverie che le sono state dette a causa del suo aumento di peso. Tantissimi giocatori di calcio in tutte le nazioni si lamentano che attraverso i social ricevono ingiurie, insulti e minacce. Andando più nel piccolo, quante volte ti sei giudicato? Quante ti sei sentito giudicato? E quante hai giudicato tu? Quante cose hai evitato di fare per paura che gli altri ti giudicassero? Quante volte hai giudicato qualcuno per quello che fa fatto e, in fin dei conti, l’hai inibito a fare o nel caso a riprovare a fare? Sai quali sono le matrici comuni di tutti gli esempi che ti ho fatto finora? L’ignoranza (che spesso fa rima con arroganza), la superficialità e l’abitudine (anche detta normalità). Per ignoranza si intende coloro che ignorano, cioè che non sanno, ma hanno bisogno di esprimere ossessivamente il loro pensiero. I social network sono il perfetto esempio. Spesso, anche davanti a fatti che indicano il contrario, perseverano nella loro ignoranza e sfociano nell’arroganza. La superficialità è la base di questo: io posso tranquillamente ignorare qualcosa, ma nel momento in cui voglio esprimere la mia opinione, prima vado ad approfondire di cosa si tratta, per poterlo comprendere e vedere come la mia anima si sente in base a quella cosa. Solo dopo esprimo il mio pensiero, che non è una sentenza, ma una semplice opinione. Se “io” mi comporto da persona superficiale tutto questo discorso decade, dico la prima cosa che mi passa per la testa e generalmente sono ingiurie. L’abitudine è un comportamento reiterato nel tempo. La normalità è quello che è la norma, cioè ciò che è consuetudine, quindi ciò che fa la massa. Ogni persona ha ricevuto come insegnamento quello di essere giudicato, quindi di conseguenza giudica. Se fosse anormale questo comportamento, nella maggior parte dei casi, l’individuo si farebbe la domanda se il suo comportamento sia corretto o meno. Ma considerato che è la normalità, cioè ciò che la massa fa, allora si sente in diritto di dire e fare quello che più gli passa per la testa. Il tutto è rafforzato ancor di più da tutti i programmi più seguiti della televisione: i vari reality show, così come i programmi di intrattenimento, mostrano sempre giudizi, prevaricazioni e lo fanno sembrare la normalità.
L’unica strada possibile per uscire da questa spirale senza fine è: essere Gioia. Per essere Gioia, è necessario che tu accolga te stesso, che smetta di giudicarti e giudicare, che vada alla ricerca e, successivamente, esprima pienamente te stesso, nel pieno rispetto dell’altro, per creare un circolo virtuoso. Proprio perché la Gioia riguarda la collettività e non il singolo, è necessario sia una cosa diffusa: una goccia in una pozzanghera di fango, diventa fango; un mare di acqua pura nei confronti di qualsiasi cosa incontra, lo ingloba e lo purifica. Insieme dobbiamo essere quel mare, per purificare ciò che ci circonda e portare la Gioia. Tu da che parte stai?