Durante la tua giornata ci sono tante cose che fai o, spesso, EVITI di fare per paura. Ma che cos’è la paura? “Con questo termine si identificano stati di diversa intensità emotiva come il timore, l’apprensione, la preoccupazione, l’inquietudine o l’esitazione sino ad una polarità patologica come l’ansia, il terrore, la fobia o il panico.”
Da dove nasce la paura? Dai risultati di molte ricerche empiriche si giunge alla conclusione che potenzialmente qualsiasi oggetto, persona o evento può essere vissuto come pericoloso e quindi indurre una emozione di paura.
Quali sono le funzioni della paura? Sicuramente, la paura ha una funzione “positiva”, così come il dolore fisico, di segnalare uno stato di emergenza ed allarme, preparando la mente e il corpo alla reazione (tra l’altro, quella che si genera, è energia Yang; hai mai notato che, quando hai paura, aumenta il tuo battito cardiaco e il calore nel tuo corpo?). Reazione che si manifesta come comportamento di ATTACCO o di FUGA, tra l’altro ereditato dagli uomini primitivi, che spesso potevano essere attaccati da animali selvatici o da altri gruppi e in pochissimi istanti dovevano decidere della propria vita. Ma oggi quante sono le occasioni in cui ciò avviene? A meno che non vivi nella savana o nelle grandi riserve africane, in cui realmente esiste questa possibilità, nella nostra civiltà è quantomeno difficile. Certo se uno ci puntasse una pistola, o un coltello, contro ci troveremmo in questa situazione. Ma è abbastanza raro, per fortuna, anche se i media vogliono farci credere il contrario! Ovviamente, se la paura viene estremizzata e resa eccessivamente intensa, diventando quindi ansia, fobia o panico, perde la funzione fondamentale e si converte in sintomo psicopatologico, cosa che, se dovesse avvenire, rivolgetevi ad uno psicoterapeuta o ad uno psichiatra.
Evitando quindi di prendere in esame le patologie, allora perché le persone hanno paure che vanno al di là dell’attacco o fuga?
La paura, in realtà, è una risposta ad uno stimolo esterno. Stimolo che abbiamo percepito come pericoloso. La maggior parte delle risposte a questi stimoli, sono state create nei primi sette anni di vita, quando ancora i nostri strumenti erano in formazione.
Come si sono creati i nostri strumenti, cioè le nostre reazioni emotive? Guarda un po’, proprio grazie alla famiglia! Facciamo un esempio: “Se non studi, ti mando a zappare la terra”. Tipico esempio dei genitori degli anni ottanta del secolo scorso, utile a spingere a studiare i propri figli. Lo “zappare la terra”, viene, in questo caso, paragonato all’andare a spaccare pietre in Siberia in pieno inverno, cioè come se fosse una punizione (ricordi il sistema dei premi?). Quindi è vero che, in una qualche maniera, hanno incentivato allo studio, ma dall’altra parte, hanno creato una paura e, di conseguenza, una distanza dalla natura e dall’agricoltura. Per fortuna, in questo periodo storico, sta cambiando questa concezione, anzi, c’è un progressivo ritorno all’origine, alla Terra. Ma, come questo esempio, ce ne sono tantissimi, che in questo articolo evito di citare tutti. È compito tuo, se vuoi fare un percorso di consapevolezza, andare a cercarle tutte quante; io tratterò solo delle macroaree.
Voglio iniziare, nel primo di questa serie di articoli, da quella che NESSUNO considera una paura: la paura della felicità.
In realtà come patologia ha un nome e si chiama cherofobia. Ogni cultura ha nelle sue radici questa paura. In oriente per esempio, si pensa che se si è felici, si riceverà una punizione, come contrappeso della Gioia. In occidente invece viene innestata l’avversione nei confronti della tristezza, quindi senza farle avere il giusto risalto, con la conseguenza di valorizzare solo la felicità. “L’avversione alla felicità è associata alla fragilità delle credenze di felicità, suggerendo che una delle cause di questa paura potrebbero essere l’instabilità e la fragilità, caratteristiche proprie della felicità in sé. Le ricerche mostrano come la felicità sia associata con stili di attaccamento evitanti e ansiosi.” Questa è la definizione di cherofobia che ne da Wikipedia.
Ciò a cui mi riferisco, invece, è l’intrinseca convinzione che noi non meritiamo di essere felici, realizzata attraverso la paura, e questo lo si può evincere dai comportamenti che vengono attuati. Perché se l’istinto indica una direzione, generalmente le persone scelgono una strada diversa? Perché se io ti dico: guarda che se fai il Life Helping, poi sarai davvero Felice e sentirai in te la Gioia, le risposte che generalmente ricevo sono: “Tu la fai facile”, “La felicità è un attimo”, “Non ci credo” o la peggiore di tutte “Hai ragione, ma”?
Così sono andato ad indagare perché ci sia questa convinzione diffusa di non credere, di meritare, la felicità. Le conclusioni di tutte le mie ricerche sono: la disinformazione e l’abitudine. Disinformazione sul significato della felicità. Le ragioni sono molteplici e voglio andare a farti osservare le due che ritengo più ampiamente diffuse. Dagli anni ’80 in poi, c’è stata una tale disinformazione sulla felicità che ha creato ad oggi uno smarrimento e un’ignoranza diffusi. Una delle cause è stata la manipolazione perpetrata dalla pubblicità: «Compra questo, che soddisfa un tuo “bisogno” e sarai felice». Se si osservasse attentamente una qualsiasi pubblicità, si potrebbe comprendere che cerca di fare leva su concetti che vanno di moda in quel periodo, riguandanti la concezione di felicità, e li associa ad un prodotto. Per esempio, in questi anni, c’è una riscoperta del “Wild” e tutte le pubblicità di auto, mettono in risalto quanto tu sia wild comprando quella particolare auto, generalmente un suv. Peccato che il Wild è proprio l’antitesi della tecnologia; infatti è il riscoprire la propria parte selvaggia stando in natura.
C’è anche un’altra, profondissima, ragione che è radicata da centinaia di generazioni: “La vita sulla terra deve essere un’espiazione del peccato. La vera felicità è in paradiso.” Ti risulta familiare questo concetto? È uno di quelli che diffonde, o ha diffuso, la religione cattolica. Quindi chi prova a cercare la felicità è un peccatore. Lapalissiano, no? Per fortuna che l’attuale papa, Bergoglio, parla molto della felicità e sta cercando di variare questa convinzione. Convinzione che è stata utile, nei tempi passati, a far avere un potere temporale alla Chiesa di Roma. Ma secoli di idee radicate, comunque fanno ormai parte del DNA che i genitori passano ai figli (infatti all’interno del DNA, oltre a caratteristiche genetiche, sono incluse anche informazioni su idee radicate e tramandate da generazioni), e quindi è diventata una delle ragioni della repulsione intrinseca nei confronti della felicità.
La Felicità, o per meglio dire la Gioia, esiste dove c’è Gratitudine, Perdono, Amore.
Quindi è possibile liberarsi dalla paura di essere felici? È possibile affermare con convinzione “Io sono felice!”, sentendolo, senza alcun intoppo, fuoriuscire dall’anima e, passando per la mente, attuarlo attraverso il corpo? La risposta è sì, è possibile!
E come si fa? Mi dispiace dirti che, ahimè, non c’è una soluzione pronto uso, come piace fare agli americani, 5 mosse per, i dieci passi di, ecc.
Bisogna solo affrontare se stessi, con coraggio, rendendosi consapevoli di tutto, strato dopo strato, fino ad arrivare al nucleo, al “core” (pronuncia inglese, non romana ^_^). Memet te nosce. Conosci te stesso. La famosa frase affissa sulla porta del tempio dell’oracolo di Delfi. Il Life Helping, ha proprio questa funzione. Conoscere se stessi. Successivamente rendendoti consapevole di voler agire in maniera diversa e quindi di cambiare il mondo!