Dopo aver parlato della paura della Gioia e del Cambiamento, affronteremo quest’oggi la paura della Solitudine. Per meglio comprendere di cosa stiamo parlando, riporto qui la definizione che ne da il dizionario Treccani: solitùdine s. f. [dal lat. solitudo -dĭnis, der. di solus «solo»]. – 1. La condizione, lo stato di chi è solo, come situazione passeggera o duratura, come espressione fam. di sollievo; anche, condizione di chi vive solo, dal punto di vista materiale, affettivo e similare.
Quindi condizione di chi è solo, come situazione passeggera o duratura.
Questa condizione è standard, nel senso che ogni essere umano l’ha provata e la prova praticamente tutti i giorni, almeno quella passeggera. In questo non c’è niente di spaventoso o di problematico.
Per comprendere il perché sia una paura, questo termine, così pieno di significato, va affrontato su piani diversi. Infatti a seconda del piano del discorso c’è una diversa forma della paura della solitudine.
Mi spiego meglio.
Quando ho detto “paura della solitudine”, la prima cosa che ti sarà venuta in mente è quella di restare solo, cioè senza più persone intorno che conosci e ti vogliono bene. Questo tipo di solitudine è il più comune e nasce come conseguenza di un certo tipo di “attaccamento”.
Se io sviluppo attaccamento nei confronti di una persona, per forza di cose, avrò paura di perderla.
Questo meccanismo può essere sia sano che malsano. Per esempio un genitore, che ama il proprio figlio sviluppa questo tipo di attaccamento. Oppure quando si ama davvero una persona, anche se l’Amore è lasciare liberi, la natura ci fa generare attaccamento nei confronti di quella persona, utile per procreare e crescere i figli. Questi esempi sono di attaccamento sano e non generano paura della solitudine, ma solo paura di perdita o quella che, comunemente, chiamiamo “preoccupazione”.
Quand’è invece che si crea attaccamento malsano? Quando ci rendiamo conto di avere intorno a noi persone che non rispecchiano chi noi siamo, che non ci amano come noi vorremmo essere amati, che non ci rispettano, non ci danno considerazione, amicizia o, peggio, che ci manipolano o ci fanno violenza. Insomma quando c’è internamente la consapevolezza che senza di quella/e persona/e si starebbe decisamente meglio. La logica conseguenza di questo ragionamento sarebbe chiudere i rapporti e andare a cercare qualcuno che sia più affine a noi. Logico no? Per farlo bisogna essere lucidi nell’analisi, conoscere se stessi e poi cercare fuori ciò che siamo dentro. Invece, spesso, è a questo punto che entra in gioco l’attaccamento malsano e, di conseguenza, la paura della solitudine. Pur se consapevole del fatto che quella persona non fa per me, io continuo a frequentarla, a credere di volerle bene, mi ci “aggrappo” persino. Ed è in questo momento che si genera la paura della solitudine. Ho paura che senza di quella persona, che non mi fa stare poi così male tanto da dover chiudere, io possa sentirmi più solo. Tanto maggiore sarà la vicinanza di questa persona nella mia vita, tanto più grande sarà la paura di perderla. Ma è una paura autolesionista, perché incosciamente so perfettamente che starei meglio senza di lei (e spesso anche consciamente). Se nella maggior parte delle mie relazioni si è instaurato questo tipo di meccanismo (cioè di attaccamento), ecco che nella mia vita sarò infelice, perché sarò circondato da persone che non mi rispecchiano. Quindi farò di tutto, passerò sopra a tutto, coprirò non solo un’occhio, ma tutti e due, pur di non vedere quella che è la realtà. E più lo farò, maggiore sarà la paura che andrò a generare. In casi estremi diventa patologica e può portare anche a credere di possedere l’altro, all’estrema gelosia, e se l’altra persona non dovesse rispettare e comprendere questo mio attaccamento morboso (che nel frattempo è sfociato in fobia di solitudine “senza di quella persona io sono niente” “non posso vivere senza di lei/lui”) allora posso ricorrere anche alla violenza per farglielo capire. Ma questo riguarda i casi clinici, e non è questa la sede, ne sono io in grado di parlarvene.
Un secondo piano di analisi, è il fatto che io non sto bene con me stesso, quindi ho paura di restare solo. Cosa significa questo? Che non voglio vedere chi sono, che ho paura di conoscermi, ho paura che scoperchiando il vaso di pandora, non saprei cosa trovo. E se non dovesse piacermi? E se dovesse farmi soffrire? E se dovessi chiudere con le persone che ho intorno? Ecc ecc. Questa io la chiamo sindrome dello struzzo. Mi circondo di persone e tendo a limitare al minimo possibile i momenti in cui sono solo per evitare di pensare. Se il cervello “rumina”, cioè pensa incessantemente, ti fa fare ragionamenti vuol dire che ha bisogno di essere ascoltato!
La persona solitaria, generalmente, è quella che si ascolta di più, che conosce meglio se stesso..e di conseguenza sceglie consapevolmente con chi passare il proprio tempo.
Una terza declinazione di questa paura potrebbe essere (e ti assicuro che avviene, io, a suo tempo, l’ho provata): stai facendo un percorso di consapevolezza, stai conoscendo te stesso, stai andando in profondità, ti accorgi che chi hai intorno non va bene, fai tabula rasa, cioè chiudi tutti i rapporti…e ti ritrovi solo. Questa fase non è mai indolore. Fa paura ed è giusto anche che sia così. Questo tipo di paura è catartica e si supera molto facilmente: affontandola. Come? Vai a conoscere gente nuova, non più nei posti che frequentavi prima, ma, conoscendo meglio te stesso, introduci sicuramente nuove passioni e sperimentazioni. Quindi ti apri a fare nuovi corsi, nuove esperienze. Per esempio io ho fatto due livelli, per diventare operatore, di un corso di sopravvivenza e ho conosciuto persone fantastiche e fatto un’esperienza che mi ha aperto il cuore e la mente.
Se invece ti lasci condizionare da questa paura cosa fai? Ti crei delle zavorre e quindi, per quanto tu stia evolvendo, rallenti o, peggio, fermi del tutto il tuo cammino verso la Gioia.
Più in generale ci sono anche condizioni, in cui questo tipo di paura può bloccare altre sfaccettature della tua vita: per paura della solitudine non cambi città (magari per andare a fare un lavoro diverso/migliore); oppure non fai un viaggio da solo; o eviti di fare qualcosa che richieda un’incertezza di questo tipo. Pensa a quante opportunità si possono perdere a causa di questa paura!
Mai bisogna avere paura della solitudine, perché, se stai bene con te stesso/a, ti permette di scegliere con chi passare il tuo tempo e di aprire il tuo mondo a 360° facendo ogni tipo di esperienza, anche quelle che, apparentemente, possono fare più paura!