La scorsa settimana abbiamo parlato della Noia e di quanto sia deleteria per l’entusiasmo e la vita di ogni essere umano.
Quest’oggi parleremo di una condizione che chi più, chi meno ha provato almeno una volta nella vita: l’indecisione. Di questo vocabolo andremo a vedere il significato: indeciṡo agg. [comp. di in-2 e deciso; nel sign. 2, sul modello del fr. indécis]. – 1. Non deciso, non ancora risolto o definito: 2. Incerto, irresoluto; di persona che non sa prendere decisioni o una particolare decisione. Per estens., di cosa o atto che rivela indecisione, incertezza.
Questa è generalmente una condizione passeggera, può capitare che in un dato momento o in una data situazione non sappia cosa fare. Magari perché non riusciamo a vedere una soluzione o perché la soluzione di una data situazione non si è ancora manifestata. Oppure potrebbe essere perché non disponiamo delle informazione necessarie e/o corrette per prendere una decisione. Tutte queste varianti fanno parte di un normale svolgimento di vita, in cui ci sia una condizione passeggera.
Quella che invece voglio andare ad esaminare più affondo insieme a te è la condizione permanente. Coloro che sono perennemente indecisi o che hanno problemi a far propria una decisione. Sembra la stessa cosa, ma in realtà non lo è.
Coloro che sono perennemente indecisi, si bloccano sulla scelta. Quando devono scegliere, hanno sempre paura che sia la scelta sbagliata, adducendo come scusa il fatto che c’è sempre una scelta migliore.
C’è una serie tv, che ti consiglio di vedere, che si chiama “The Good Place” che ha tra i suoi protagonisti, un personaggio che ha proprio questo problema, tanto che per questo va a finire all’inferno (anche se crede di essere in paradiso).
Mentre invece quelli che hanno problemi a far propria una decisione, sono coloro che invece evitano completamente di scegliere, rimettendosi a qualcun altro che scelga al loro posto, salvo poi (spesso) lamentarsi della scelta fatta e, nei casi peggiori, aggiungendo un “te l’avevo detto io” quando in realtà non è vero.
Andiamo ad analizzarli.
I perennemente indecisi, come abbiamo detto, sono coloro che arrivano a bloccarsi al momento della scelta. Ma da cosa deriva una situazione del genere?
Le motivazioni possono essere molteplici, ma hanno tutte una radice comune: l’età infantile.
Infatti secondo uno studio della dottoressa Stephanie Denison, professore associato presso il Dipartimento di Psicologia della Waterloo University e co-autrice dello studio insieme alla dottoranda Samantha Gualtieri, è in quest’età che si iniziano a prendere le prime decisioni.
“Lo studio è stato condotto su 288 bambini, valutati per determinare se durante la formulazione di giudizi utilizzano informazioni numeriche, sociali o di entrambi i tipi.
I risultati hanno dimostrato come a partire dai 6 anni i bambini iniziano a compiere decisioni servendosi delle stesse informazioni di cui si servono gli adulti, ovvero secondo una modalità di risparmio: il giudizio del 95% dei bambini di 6 anni dipende infatti solo dalle informazioni sociali. Per quanto riguarda i bambini di 5 anni solo il 70% di essi valuta e decide in base alle sole informazioni sociali. La percentuale si abbassa vertiginosamente con i bambini di 4 anni: solo il 45 % di essi giudica in base alle sole informazioni sociali, ovvero i bambini più piccoli si sono mostrati più propensi a prendere in considerazione entrambe le informazioni numeriche e sociali.
Questo studio rivela come l’euristica della rappresentatività si sviluppa durante gli anni prescolari, tra i 4 e i 6 anni, in una rapida escalation verso il risparmio di risorse cognitive che caratterizzerà la formulazione di giudizi nella vita adulta.”
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2018/09/bambini-capacita-decisionale/
Quindi a 6 anni un bambino prende le decisioni come un adulto ed è dai 4 e ai 6 anni che si crea questo processo. Se in quel lasso di tempo, dovesse esserci un qualche tipo di trauma allora il futuro adulto si bloccherà ogni volta che dovrà prendere una decisione.
I traumi possono essere molteplici:
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Un genitore che invece di insegnare un processo decisionale corretto, decide al posto del bambino. Se decidesse tutto il genitore, senza ascoltare i bisogni del bambino, ma pensando che egli stesso decida per il meglio, creerà un’incapcità manifesta di saper scegliere.
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Una scelta compiuta e quella porta ad essere talmente tanto sgridati, che è il trauma del conflitto che fa inibire del tutto la scelta.
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Uno dei due genitori è incapace di prendere decisioni e attraverso l’identificazione con quel genitore (per affinità o innamoramento – complesso di edipo/elettra) e i neuroni specchio si copia l’incapacità di saper scegliere.
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Una scelta compiuta e questa scelta porta a qualcosa di grave, magari un incidente o peggio ancora una morte. Potrebbero essere molteplici le varianti in gioco, ma sicuramente, se dovesse crearsi un trauma di questo tipo il bambino smetterà di scegliere.
In queste quattro categorie credo si possano racchiudere la maggior parte dei casi.
Un trauma porta quindi ad un’inibizione alla scelta per paura della conseguenze. Maggiore sarà la ripetizione di questo meccanismo, maggiore sarà la cronicità che ne deriva e sarà sempre peggio, ovviamente.
Coloro che invece hanno problemi a far propria una decisione, sono personalità che hanno una vera e propria fobia nel compiere una scelta, perché hanno paura che possa esistere sempre una scelta migliore. Spendono molta energia prima a vagliare tutte le possibili opzioni, facendo di ognuna un esame accurato, poi se compiono una scelta, che generalmente è la più, almeno apparentemente, “conveniente”, inizia il processo successivo a tutte quelle che si sono persi. Oppure addirittura non compiono la scelta, andando a sentirsi meglio, come liberati di un peso, per averla persa.
A questo comportamento, che già di base è auto-lesionista, spesso si associa una dipendenza nei confronti di un partner che, al contrario, è una persona decisa. Quando questa situazione avviene, l’indeciso sarà quello che avrà il potere di lamentarsi e giudicare negativamente ogni scelta che l’altro compie, senza prendersi ovviamente mai la responsabilità di scegliere lui/lei stesso/a.
Quando ciò avviene, la ciliegina sulla torta di questa patologia, sarà la frase “ te l’avevo detto io”, perché dovrà passare come quello che aveva ragione, anche se nei fatti non è mai stato così.
Il processo decisionale corretto è semplicemente quello che unisce l’istinto/intuito agli elementi. Ma di questo ne parleremo la settimana prossima!